Dietro i diritti civili squadrette di odio antifascista

Occorre fare ulteriore chiarezza – più di quanta non ne avessi fatta prima – in merito ai video pubblicati da altri utenti – quindi non di mia proprietà – che da 4 anni circolano liberamente in rete su social e piattaforme video, ma che solo adesso ci si accorge dell’esistenza per il semplice fatto che a pubblicarli sia stato io. I video in questione sono relativi a due effeminati che sul lungomare di Reggio Calabria si scambiano spinte effusioni, contrarie all’ordine naturale della vita. Se è vero che di per sé – a mio modesto avviso – non stavano facendo nulla di male e non era loro intenzione far qualcosa di male, bisogna però riconoscere che quanto stava accadendo era contrario al buon costume e al decoro dei luoghi pubblici. Ma soprattutto bisogna accettare che in questa società si possa e si debba avere un pensiero diverso rispetto a chi subisce gli influssi nefasti di esotiche mode e di teorie, che l’esperienza ha dimostrato assolutamente idiote. Mi rifiuto di entrare nella questione della scelta di vita che fanno gli effeminati in quanto non mi sento in diritto di giudicarli e/o condannarli, anzi, la loro scelta attiene alla inviolabile intimità.

Il video che ho pubblicato non voleva suscitare assolutamente giudizi contro gli effeminati o contro le loro scelte, ma voleva evidenziare – nelle mie intenzioni – che determinate situazioni non possono e non devono avvenire in luoghi pubblici. Ferma restando l’ipotesi che ho tutto il diritto di esprimere la mia opinione in merito a ciò che non molti anni fa in Italia era considerata una malattia e, per l’appunto, in merito a determinati fatti che avvengono in luoghi pubblici. Le frasi contenute nel video non hanno alcuna matrice di odio e di giudizio ma, anzi, seppur forti e coincise, rappresentano quello che è il pensiero legittimo di chi il video lo ha elaborato e che lo stesso pensiero – a mio parere – possa essere condiviso (o meno) da una moltitudine di persone, ma in modo sereno e pacifico, come ogni dibattito, degno di essere definito tale, debba svolgersi.

Invece succede l’inverosimile, a scatenare momenti di odio e intolleranza non sono soggetti effeminati, i quali li reputo pacifici e rispettosi del pensiero altrui ma, bensì, gli antifascisti ad orologeria, quelli che hanno una matrice terroristica, che diffondono odio e rancore verso i nemici dichiarati, quelli che manifestano intolleranza politica e che hanno una elevata percentuale di pericolosità per la società civile. Infatti l’attacco nei miei riguardi ha una chiara matrice politica, ben delineata: “Un ex candidato consigliere comunale”, così titolano alcune testate locali (si contano sulle dita di una mano), che si prestano a divulgare – dalle colonne dei loro siti – insulti gratuiti alla mia persona, per giunta permettendosi di interpretare un mio comunicato chiarificatore e pacificatore (si tratta di una sola redazione in realtà, e aggiungo fortunatamente). Non mi stupisce che ciò avvenga, se penso che alle scorse elezioni comunali i miei articoli venivano addirittura censurati dalla quasi totalità delle redazioni, andando così a violare la par condicio; a tal proposito proprio il 3 maggio scorso si celebrava la Giornata mondiale della libertà di stampa. Mi chiedo: “libertà di cosa? Di censurare forse.”

La fonte di questo odio e rancore nei miei riguardi è ben chiara, e proviene proprio da alcuni candidati alle scorse elezioni al Consiglio Comunale di Reggio Calabria che appartengono a varie liste civetta del PD e della estrema sinistra, i c.d. “comunisti col culo degli altri”, “antifascisti in pantofole” che vogliono fare la “rivoluzione in santa pace” dietro uno schermo e che pontificano da un comodo divano. Ma in realtà loro di buono non hanno mai fatto nulla, vivono frustrati dalle avversità mentali che loro stessi si creano. Gli antifascisti avevano l’occasione di tacere. Invece hanno sovrastato con la loro retorica bolscevica a danno dei diritti civili che, invece, sarebbero potuti emergere dal dibattito che stava per prendere forma soprattutto in un momento così delicato in cui in Parlamento si sta contrastando una eventuale norma liberticida: il DDL Zan. Dibattito che, purtroppo, è passato in secondo piano, per lasciar posto alla rancorosa bile antifascista.

L’effetto bolscevizzante che desideravano l’hanno ottenuto, ma solo in parte. Prima di tutto hanno creato una trama mettendo in mezzo alcune delle mie nobili attività da militante per la città e le periferie e di istruttore di calcio nonché educatore delle Giovani Aquile della mia accademia calcistica, utilizzando i bambini per ricavarne una denuncia sociale di basso profilo umano e intellettuale. Ma il tentativo di screditarmi gli risulta – già in partenza – vano. Seconda cosa, hanno istigato i vari utenti a scagliarsi contro di me, un vero incitamento all’odio in perfetto stile brigatista che utilizza delle vittime per mandarle al macello ed esponendole a rischi quali la identificazione da parte delle autorità preposte e la possibilità di denuncia penale per istigazione all’odio. Così Facebook si conferma il ricettacolo degli idioti e dei gruppi d’odio di matrice antifascista.

Ciò che stupisce, però, è che nessuno abbia condannato tutto questo odio e il fatto che questi brigatisti da tastiera abbiano utilizzato una pratica di vergognoso sciacallaggio, di disumana cattiveria, utilizzando i bambini della mia accademia calcistica come scudo per attaccarmi, oltretutto senza essere riusciti a screditarmi, con un gesto di codardia e vigliaccheria che non passerà facilmente. Sia ben chiaro, degli insulti e delle minacce ricevute non ho alcuna paura, ma chi tocca i bambini merita una punizione esemplare. Oggi la società civile non è minacciata dagli antifascisti, ma dalle istituzioni che tollerano la loro pericolosità e da cittadini che rimangono indifferenti. Per questi e altri motivi, sento il dovere di scendere ufficialmente in campo per dare il mio contributo affinché l’antifascismo venga dichiarato universalmente “organizzazione terroristica”.